SCIENTIFIC TALK Il trattamento della malattia renale cronica nella persona con diabete: dallo studio Confidence alla Pratica clinica
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Riccardo Candido e Salvatore De Cosmo
Destinato a
MEDICO CHIRURGO, INFERMIERE, FARMACISTA, BIOLOGO, PODOLOGO
nelle discipline: MEDICO CHIRURGO: tutte le discipline
INFERMIERE: tutte le discipline
FARMACISTA: tutte le discipline
BIOLOGO: tutte le discipline
PODOLOGO: tutte le discipline
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Razionale generale
Oltre il 40% dei pazienti con diabete sviluppa la complicanza renale che rappresenta oggi nel mondo la causa principale di malattia renale cronica (MRC). Sappiamo che una percentuale di pazienti con MRC progredisce verso l’insufficienza renale terminale ma molti di loro decedono a causa di eventi cardiovascolari prima che si renda necessaria una terapia sostitutiva renale, il cosiddetto rischio competitivo. Conosciamo anche da tempo i segni clinici patognomonici della MRC rappresentati da una riduzione del filtrato glomerulare e l’aumento della escrezione urinaria di albumina.Le line guida nazionali ed internazionali raccomandano oggi l’utilizzo delle gliflozine, in add-on alla terapia consolidata con inibitori del sistema renina angiotensina, come farmaci di prima linea nelle persone con diabete di tipo 2 (DT2) e MRC. E ‘evidente però che esiste un rischio residuo di sviluppo e di progressione di danno renale in questi pazienti.
Recentemente sono state pubblicate nuove evidenze riguardanti l’efficacia, in termini di protezione cardio-renale, e la sicurezza di un antagonista non steroideo dei mineralcorticoidi: il finerenone.
In particolare due trial pubblicati recentemente (il FIGARO ed il FIDELIO) hanno dimostrato la capacità del finerenone di ridurre il rischio di progressione della malattia renale e gli eventi cardiovascolari in pazienti con DT2 e MRC.
In particolare il trial FIDELIO-DKD ha evidenziato come finerenone sia in grado di rallentare la progressione della MRC e migliorare gli outcome cardiovascolari nei pazienti con DT2 e MRC più avanzata in e. Lo studio FIGARO-DKD ha indagato invece gli outcome cardiovascolari e renali della terapia con finerenone nei pazienti con DT2 e MRC da lieve a moderata.
Da questi studi sono stati esclusi i pazienti con scompenso cardiaco cronico sintomatico a frazione d’eiezione ridotta poiché in questo setting la terapia con antialdosteronici ha una raccomandazione di grado 1A e non sarebbe stato etico protrarre la terapia con placebo per l’intera durata del trial.
Dato che finerenone incrementa i livelli di potassiemia con una media di circa 0,2 mmol/L, i pazienti dovevano presentare una potassiemia pari o inferiore a 4,8 mmol/L al momento dell’inclusione e delle visite di screening (ma non alla randomizzazione). In questo modo, per la maggior parte dei pazienti, era possibile mantenere i livelli all’interno dei range ottimali, intorno a 5,0 mmol/L o inferiori. Tuttavia, era possibile continuare la somministrazione di finerenone sino al raggiungimento di una concentrazione di 5,5 mmol/L.
I benefici di finerenone sono risultati coerenti per tutte le categorie di eGFR e di UACR (rapporto tra le concentrazioni urinarie di albumina e creatinina).
Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, nel complesso la frequenza degli eventi avversi non differiva tra i due gruppi. Con l’impiego di finerenone si è registrato un lieve incremento della potassiemia con una percentuale molto bassa di interruzione della terapia con finerenone.
I risultati del FIGARO-DKD, insieme a quelli dello studio FIDELIO-DKD, suggeriscono quindi l’impiego di finerenone al fine di migliorare gli outcome cardiorenali in pazienti con DT2 e MRC.
Finerenone ha dimostrato di migliorare gli outcome cardiovascolari nei pazienti con insufficienza renale da lieve a moderata e diabete di tipo 2, in trattamento con blocco ottimizzato del sistema renina-angiotensina, e con valori pressori e diabete sotto controllo.
Restiamo in attesa dei risultati del trial CONFIDENCE, trial che ha esplorato l’efficacia della associazione finerenone e empagliflozin sempre in pazienti con DT2 e MRC. Il presupposto di questo studio è che una associazione tra due farmaci entrambi in grado di proteggere il cuore ed il rene nei pazienti con DT2 con meccanismi diversi ma complementari, possa avere un effetto additivo di protezione cardiorenale.
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Relatori
Paola Ponzani